E’ certo oramai che la dieta condiziona il microbiota e che da questo mondo nascosto a livello intestinale può dipendere il nostro metabolismo. Mantenere l’eubiosi intestinale potrebbe offrire un’altra possibilità d’intervento nel trattamento di patologie, come sovrappeso e obesità, che necessitano comunque di un approccio multidisciplinare: dietetico, chirurgico, farmacologico, ma anche integrativo e di cambiamento radicale di stile di vita, introducendo l’attività fisica giornaliera.
Nello specifico è stato visto che una alimentazione basata su derivati animali in soli 5 giorni comporta una riduzione dei bacteroides, al contrario un’alimentazione vegetale aumenta il faecalibacterium prausnitzii e la prevotella. La stessa dieta mediterranea aumenta la prevotella comportando un miglioramento della sensibilità insulinica.
Una dieta ricca in grassi animali e proteine, vista la produzione di composti solforati, amminoacidi aromatici ed ammine ossidate porta alla disbiosi, dunque, alterazione della permeabilità intestinale, infiammazione di basso grado a livello locale e sistemico, aumento dell’estrazione calorica da parte di alcuni microrganismi.
La maggiore estrazione calorica degli alimenti è associata ad una riduzione dei bifidi e all’incremento degli Archea che producono idrogeno
Alimenti vegetali, ricchi di fibre e polifenoli invece, alimentano batteri che producono a loro volta acidi grassi a catena corta (SCFA), tra cui il butirrato, che da un lato proteggono la mucosa dell’epitelio intestinale grazie alla produzione di muco e dall’altro stimolano la produzione di insulina, migliorano la sua funzionalità sul recettore e aumentano il rilascio della leptina, ormone della sazietà.
E’ possibile dunque, agire sul microbiota come ulteriore strumento per fare terapia dell’obesità, in quanto il paziente obeso vive in una condizione di low grade infiammation sistemica cronica e persistente.
Nei pazienti obesi con disbiosi, il sequenziamento genomico del microbiota intestinale mostra un depauperamento della Akkermansia muciniphila e del faecalibacterium prausnitzii, due specie batteriche dall’azione antinfiammatoria e aumento di batteri patogeni proinfiammtori.
Se l’epitelio è infiammato libera ossigeno che permette la proliferazione delle Enterobacteriaceae a discapito dei bifidi e batteri anaerobi; lo sfaldamento dell’epitelio mette a disposizione fosfolipidi e alcuni batteri, come l’Escherichia Coli, avendo un gene che permette loro di usare l’etalonamina che proviene dalle membrane cellulari, mangiano il monosaccaride e proliferano. Il processo si autoalimenta in quanto una maggiore disponibilità di nitrati e formazione di nitriti consente una ulteriore proliferazione di ceppi patogeni. Inoltre risulta depauperata la popolazione di bifidi che sarebbero in grado di determinare un abbassamento del ph riducendo la crescita della flora putrefattiva.
Il sistema immunitario mucosale costantemente allertato dalla presenza di un carica batterica patogena nell’intestino, permane in uno stato di continua iperattivazione con la formazione di un carico citochinico ( IL17, beta, TNF alfa) che nel tempo è in grado di attaccare il sistema giunzionale mucosale deputato al mantenimento dello stato di permeabilità. Può conseguire la destrutturazione delle giunzioni serrate e l’instaurarsi della leaky gut syndrom, dunque variazione della permeabilità intestinale. Questo porta una potenziale traslocazione di mediatori di infiammazione dal lume intestinale verso il sangue e quindi nel fegato e nel grasso periviscerale, nell’endotelio vasale e altri organi posti a distanza.
E’ un esempio il lipopolisaccaride (LPS), una strutture dei batteri gram- che staccandosi dalla parte cellulare batterica e altrepassando la mucosa intestinale, diventata una sorta di “colabrodo”, può finire nel sangue. Il grasso periviscerale del paziente obeso è infarcito di LPS. L’infiammazione sistemica e persistente è il substrato perfetto per l’instaurarsi di patologie ogni genere.
Un corretta e specifica integrazione probiotica nel paziente obeso, con insulina resistenza, con sindrome metabolica serve a correggere l’infiammazione in cui è immerso il paziente, per fare prevenzione e frenare la tendenza a patologie
Lo stato di disbiosi di un obeso deve essere corretto prima ancora che il paziente vada in contro alla alterazione della permeabilità di membrana dell’intestino con una integrazione opportuna di probiotici ceppo specifici, in grado di svolgere determinate funzioni grazie al loro stesso patrimonio genetico.
Le mamme obese potrebbero frenare la tendenza all’obesità del proprio bambino, proprio cercando di agire in età precoce sullo sviluppo del microbiota del piccolo. Diversi studi hanno infatti dimostrato che il microbiota comincia a strutturarsi già durante la vita intrauterina con il passaggio dalla madre di specie batteriche attraverso la placenta e poi con il passaggio attraverso la vagina durante il parto. Infatti nonostante tutti i cambiamenti a cui potrà andare incontro il microbiota nel corso della vita per una serie di variabili, come l’allattamento, svezzamento, uso di antibiotici e dieta, un core primordiale rimarrà identito a quello della madre. Di qui, si deduce l’importanza di una integrazione di probiotici specifici , che possa essere di aiuto alla mamma obesa e nel contempo al futuro nascituro.