Paracelso, medico del Rinascimento diceva:” il digiuno è il più grande rimedio, il medico interiore”.
Negli ultimi anni sono stati fatti diversi studi per indagare gli effetti del digiuno o restrizione calorica sulla salute umana.
Il digiuno intermittente non è un digiuno totale, di solo acqua, ma uno a base di vegetali crudi e cotti, a pranzo e cena, conditi con succo di limone, aceto e al massimo due cucchiai di olio evo al giorno. E’ stato calcolato che mangiando a volontà diversi tipi di verdure, l’apporto calorico giornaliero non supera mai le 500 calorie. Se mangiamo così due giorni su sette otteniamo una restrizione calorica settimanale di circa il 23%. Con questo regime dietetico le persone in sovrappeso o obese riescono a ridurre la circonferenza addominale e a perdere peso, fino a 25Kg in 6 mesi, ma il digiuno non andrebbe inteso come metodologia dietetica per dimagrire, quanto piuttosto come un’abitudine da acquisire per essere e restare in salute.
Interessanti lavori hanno dimostrato che il digiuno, aumentando la diversità del microbiota, influenza lo stato infiammatorio di base del nostro organismo.
Digiunare significa apportare sostanziali cambiamenti nella popolazione microbica intestinale, in particolare sembra che durante il digiuno aumentano gli Akkermansia, batteri che si nutrono dei resti presenti sulla parte intestinali. In pratica, durante il digiuno proliferano i microbi che vivono dei residui presenti nell’intestino, mentre muoiono quelli che dipendono dal cibo, si arriverebbe, dunque, ad una maggiore rappresentanza di bifidi, lattobacilli e prevotella. Un aumento dei batteri produttori di butirrato comporta un aumento dei linfociti T Reg che a loro volta, producendo IL10 e TGF beta, hanno effetto antinfiammatorio, modulando i linfociti pro infiammatori, come i linfociti TH17.
In altre parole, dobbiamo affamare il microbiota per selezionare i sottogruppi batterici utili per l’azione antinfiammatoria.
Il digiuno intermittente o la restrizione continua di calorie è difficilmente sostenibile a lungo termine, per cui un’altra strategia è quella di consumare tutto il cibo della giornata in una finestra temporale di 6-10 ore, digiunando per le rimanenti 12-16 ore. Mangiare, dunque, dalle 8 alle 14 e poi eventualmente concederci una cena leggerissima a base di vegetali. Esperimenti scientifici su diversi modelli animali suggeriscono che questo modello alimentare sia in grado di ridurre il rischio di obesità, diabete mellito e infiammazione.
Il concetto che sta emergendo con forza è che non conviene fare tanti piccoli pasti lungo la giornata, ma è meglio concentrare la maggior parte delle calorie in due grossi pasti e nel prima fase della giornata e poi consumare una cena molto leggera.
Il motivo di quanto detto ha le sue basi nel nostro stesso metabolismo.
Ogni volta che mangiamo, aumenta la glicemia e conseguentemente l’insulina. Il compito dell’insulina è di far aprire le porte che permettono al glucosio di entrare nelle nostre cellule, ma ha anche il compito di aumentare la biodisponibilità di ormoni sessuali e di fattori di crescita, in particolare la IGF1.
L’Insulina e IGF1 venendo a contatto con i loro recettori sulla membrana delle cellule, innescano una sequenza di eventi che terminano con l’attivazione del gene m TOR, che a sua volta attiva la sintesi di altri fattori di crescita e la proliferazione cellulare. E’ questo il meccanismo con cui un eccessiva stimolo insulinico può favorire l’insorgenza e la crescita dei tumori.
Facendo tanti piccoli pasti durante la giornata attiviamo cronicamente la via dell’insulina/ IGF1 ed inibiamo la funzione di un cruciale fattore di trascrizione chiamato FOXO, fondamentale per rimuovere le proteine degradate, per riparare i danni del DNA, per proteggere le cellule dallo stress ossidativo e dall’eccessiva proliferazione cellulare.
Nel caso del digiuno intermittente, la via di segnale pro invecchiamento e pro cancro dell’insulina /IGF1 viene inibita e il fattore di trascrizione FOXO attivato.
In pratica se le cellule percepiscono che c’è meno cibo, inibiscono la proliferazione e crescono più lentamente, si attivano una serie di geni proposti all’autofagia, dunque, ripuliscono se stesse eliminando gli organelli disfunzionali e riparando il DNA. E’ stato dimostrato che nella fase di digiuno le cellule duplicano i propri mitocondri, le loro centrali energetiche.
In pratica avere un po’ di fame fa bene; tra l’altro, la grelina, ormone prodotto dallo stomaco che stimolando neuroni ipotalamici è responsabile del sensazione di fame, è anche un potente inibitore dell’infiammazione.
La dieta mima digiuno in realtà è utile anche in alcune condizioni patologiche come sostegno a terapie farmacologiche; è di alcuni ricercatori italiani la scoperta che tale dieta può prolungare l’efficacia di farmaci come tamoxifene e fulvestrant usati per il carcinoma mammario, opponendosi alla farmaco resistenza e assicurando una regressione tumorale di lungo termine.
Per concludere una dieta ipocalorica a base di frutta e verdura in chiaro stile mediterraneo, limitando l’apporto dei grassi saturi, associata ad attività fisica giornaliera e prevedendo di saltare la cena o fare due giorni a settimana di restrizione calorica è la via da seguire per vivere più a lungo, biologicamente più giovani e protratti da patologie croniche come i tumori, le malattie renali, cardiovascolari, autoimmuni e cerebrali.
ESEMPI DI RESTRIONE CALORICA
CAPONATINA DI VERDURE
In una padella antiaderente mettere dell’acqua di basilico e la carota a dadini, dopo qualche minuto di cottura aggiungere una cipolla di Tropea, dopo altri tre minuti aggiungere i pezzetti di finocchio, poi la zucchina e peperoni, quindi il pomodoro e la passata, infine il peperoncino. A cottura ultimata aggiungere 2 cucchiaio di olio evo e le foglie di basilico.
Vellutata di cavolo rosso con 1 cucchiaio di olio evo, finocchi grigliati prezzemolo e 1 cucchiaio di olio evo, radicchio crudo all’aceto balsamico, cavolfiore romanesco cotto al vapore e condito con sale e limone, peperoni con passata di pomodoro, aglio e basilico.