La dieta mediterranea deve essere considerata uno stile di vita più che un semplice elenco di alimenti, ad ogni modo uno dei componenti che non può mancare è il pesce, in particolare il pesce azzurro del nostro mare Mediterraneo.

E’ nozione comune che il consumo di pesce riduce il rischio di patologie cardiovascolare e metaboliche. D’altronde il cibo che fece la differenza nel corso dell’evoluzione, perché eccellente nutriente per lo sviluppo del sistema nervoso, furono le alghe, poi crostacei e molluschi ed infine i pesci.

I protagonisti sono gli Omega-3 ( DHA, EPA) a cui sono riconosciuti effetti antinfiammatori, antiossidante e dunque citoprotettivi.
Non è un caso che ciò che differenzia il latte di mucca da quello materno, sia proprio il contenuto di omega 3. Probabilmente madre Natura assicura al cucciolo dell’ homo sapiens un apporto di omega 3 per lo sviluppo della massa cerebrale, cosa di cui non ha bisogno il vitello, destinato ad una più rapida crescita ponderale. Gli Omega-3 influenzano lo sviluppo del microbiota intestinale con effetti benefici sul sistema immunitario, capacità digestive, produzione endogena di vitamine ecc.
Dal punto di vista nutrizionale il tessuto muscolare dei pesci ha un elevato contenuto in proteine, facilmente digeribili e basso contenuto in carboidrati, inoltre la notevole concentrazione di acidi grassi essenziali della serie omega 3, nella forma EPA e DHA , lo rendono un alimento con documenta ed oggettiva efficacia nei confronti di malattie infiammatorie e delle dislipidemie.

Una differenza che dobbiamo necessariamente cominciare a fare però è tra il pesce di allevamento e quello pescato, chiaramente la preferenza dovrebbe essere data a quest’ultimo, in quanto più ricco di nutrienti.

La composizione del pesce può subire variazioni notevoli a seconda della stagione del momento riproduttivo in cui viene pescato o dalle tecniche di allevamento. E’ necessario scegliere con cura gli alimenti che mettiamo sulle nostre tavole, facendo attenzione alla quantità ma soprattutto  investendo in qualità , inoltre parlare di salute deve necessariamente far parlare di ambiente.

La domanda di pesce sta superando la domanda di carne, passando nel 1961 da un consumo procapite di 9kg a 20kg nel 2015, in realtà ciò che ha consentito questa crescita del consumo è stata l’acquacoltura, ovvero la produzione di pesci, crostacei e molluschi in ambienti confinati controllati dall’uomo.

 Oggi si stima che il 50 % del prodotto ittico consumato è il pesce allevato e di fatto gli allevamenti intesivi di pesce sono peggiori di quelli di carne.  

L’allevamento intensivo di pesci carnivori come salmone, tonno, orate e spigole ha un forte impatto sull’ambiente perché queste specie per nutrirsi hanno bisogno di altro pesce. Ai pesci di allevamento vengono destinati  farine e oli  di pesce, e chiaramente pescare pesce selvaggio per ridurlo in farine e olio per alimentare il settore dell’acquacoltura comporta un depauperamento degli oceani. L’eccessiva pesca di pesce costituisce una minaccia per la biodiversità, per la sostenibilità a lungo termine e per la sopravvivenza delle persone che vivono di pesca.

Un basso impatto ambientale hanno le specie erbivore o onnivore (carpa, tinca, cefalo) che si nutrono di alimenti vegetali, inoltre  un allevamento sostenibile è quello dei molluschi come cozze, vongole e ostriche che si nutrono di microrganismi e non hanno bisogno di mangimi.

Negli allevamenti intesivi è sacrificato il benessere degli animali perché è difficile garantire una bassa densità di allevamento e favorire adeguati ricambi, inoltre per far spazio a bacini artificiali  vengono talora distrutte aree naturali  con la scomparsa di specie autoctone.

I rifiuti prodotti dagli impianti intesivi come deiezioni, avanzi alimentari, residui di farmaci hanno impatto ambientale negativo e rischiano di distruggere ecosistemi circostanti; allevare 20000 trote in un vasca a terra comporta una maggiore diffusione di malattie batteriche curate regolarmente con mangimi medicati  ed anche se viene rispettato il tempo previsto per lo smaltimento dell’antibiotico prima di finire su una tavola, il problema è che può  contribuire al fenomeno dell’antibiotico resistenza, alla stessa maniera della carne da allevamento intensivo.

 I mangimi usati per allevare i pesci hanno un alta percentuale di grassi in modo da raggiungere più velocemente  il peso commerciale. Il problema è che alla fine il profilo lipidico di un pesce cosi alimentato è decisamente qualcosa di diverso rispetto al pesce pescato; in particolare il contenuto di omega3 nei pesci allevati con mangimi a base di farine è decisamente più basso del pesce pescato che si alimenta  di fitoplancton.

QUALE PESCE SCEGLIERE? IL PESCE AZZURRO

 Buona regola sarebbe mangiare sarde, alici, sgombro, anguilla al posto di qualsiasi pesce di allevamento come orate, sogliole o spigole, preferire il  cosiddetto “pesce azzurro”. Si tratta di pesci caratterizzati da una colorazione bluastra dorsale ed argentea sul ventre, di piccole dimensioni e particolarmente ricco in omega3.

 Gli omega 3 sono  una categoria di grassi essenziali, caratterizzati dalla posizione del doppio legame sul terzo carbonio a partire dal metile. Sono detti “essenziali” in quanto Il corpo non può produrli in modo autonomo perché non dispone di sistemi enzimatici in grado di inserire doppi legami ad una distanza uguale o inferiori a 6 atomi di carbonio dall’estremità metilica; in altre parole devono essere introdotti direttamente con la dieta.

Gli acidi grassi essenziali della serie omega 3 hanno funzioni strutturali, in quanto si intercalano tra i fosfolipidi di tutte le membrane cellulari aumentandone la fluidità, quindi se la cellula in questione è un globulo rosso sarà maggiormente flessibile e dunque migliorano le proprietà emoreologiche del sangue, se è un linfocita risponderà meglio ad un agente invasore ecc.

Gli omega 3 sono anche precursori di prostaglandine, prostacicline e leucotrieni,  precursori di ecosanoidi ad azione antiaggregante, vasoprotettiva, antitrombotica, antinfiammatoria differentemente da quelli della serie omega 6 implicati nella sintesi di eicosanoidi che promuovono la flogosi, quindi favoriscono infiammazione sistemica.

Sarebbe opportuno garantire il giusto rapporto omega 6 e omega3 , e purtroppo le scelte alimentari spesso portano ad uno sbilanciamento di questo rapporto decisamente a favore degli omega 6.  Si stima che la dieta abituale a base di prodotti industriali sia ricca di omega 6 e scarsa in omega3 con un rapporto di 20:1 a favore degli omega 6.

Il pesce, grazie agli omega 3, è l’unico cibo animale che non incrementa lo stato infiammatorio cronico, inoltre è ricco di  Iodio, selenio, calcio e vitamina D.

La regola dovrebbe essere quella di acquistare specie meno note più comuni nei nostri mari e preferibilmente di piccole dimensioni, in modo che trovandosi all’inizio della catena alimentare non abbiano accumulato troppo mercurio. Cercate pesce pescato secondo “pesca sostenibile” nel rispetto del mare, bene comune assolutamente da tutelare.

Le cotture da preferire sono quelle che utilizzano il calore umido (vapore, affogato, al cartoccio) mentre è necessario ridurre al minimo quelle con il calore secco ( forno o griglia) il tutto per tempi brevissimi in quanto il riscaldamento provoca danneggiamento dei tanto preziosi omega3.

RISO NERO ABBINATO A DELLO SGOMBRO MARINATO

Dopo avere bollito lo sgombro in acqua salata con aggiunta di prezzemolo e uno spicchio di aglio, scolarlo, spinarlo e lasciarlo raffreddare, condire poi con olio di oliva extravergine, prezzemolo fresco e limone. Lasciare riposare per mezza giornata in frigo, consumarlo dopo averlo lasciato per qualche minuto a temperatura ambiente. Ottimo l’abbinamento con del riso nero cotto al vapore e condito con olio extravergine di oliva ed erba cipollina.         

ALICI IN FORNO

Spinare e lavare le alici, adagiarle su una teglia ricoperta da carta da forno in modo da formare uno strato, aggiungere pomodorini a pezzetti, aglio e prezzemolo tritato, pangrattato e olio extravergine di olivo. Infornare a 150°C per 10-15 minuti in forno statico.

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