ELIMINARE IL LATTE E DERIVATI NON E’ NECESSARIO, SE IL CONSUMO è MODERATO
“Bere latte da adulti è innaturale”, “l’uomo è l’unico mammifero che beve latte di altre specie” sono queste frasi che sicuramente abbiamo sentito dire da parte dei detrattori di questo alimento sottolineando che gli esseri umani sono gli unici mammiferi che continuano a cibarsi di latte anche dopo lo svezzamento, utilizzando latte di mucca o di capra o di asina. In effetti il nostro organismo è programmato per consumare il latte materno nelle prime fasi della vita grazie ad un enzima, la lattasi, che permette di digerire il lattosio dividendolo in galattosio e glucosio. Con l’avanzare dell’età la quantità di lattasi dell’organismo spesso diminuisce fino a scomparire attorno ai 5 anni.
Il latte materno è chiaramente del tutto diverso dal latte di altre specie, basta metterli a confronto e le differenze saltano all’occhio, soprattutto per quel che riguarda il contenuto proteico molto più alto nel latte vaccino chiaramente destinato ad un vitello che deve in pochi giorni avere uno sostanziale crescita ponderale; il latte umano è molto più ricco in omega 3 che servono per lo sviluppo della massa cerebrale. Sembra dunque innaturale bere latte di altri animali, eppure anche questo ha concesso l’evoluzione, alcune persone riescono a mantenere buoni livelli di lattasi anche in età adulta e a non sviluppare intolleranze o a non avere problemi digestivi, quello che accade, per esempio, a 9 adulti su 10 in Scandinavia, una popolazione dipendente dal’abbondante consumo di latte per l’apporto di vitamina D.
Dibattuto anche la correlazione tra possibilità di sviluppare alcuni tipi di cancro, diabete di tipo 1 o dal ruolo protettivo o al contrario stimolante che il latte avrebbe nello sviluppo dell’osteoporosi e le relative fratture ossee. Come sempre si dice tutto ed il contrario di tutto.
Quando si parla di un alimento vanno evitate le semplificazioni, dimostrare l’effetto di uno di essi e non parlare invece della qualità complessiva della dieta è un errore, e di fatto cosi come cavoli pomodori non fanno miracoli da soli, così un bicchiere di latte non condanna nessuno.
Il problema è sempre legato alla quantità che ci concediamo di un determinato alimento, tant’è vero che in passato il latte era consumato solo occasionalmente, perché non poteva essere conservato ed era facile veicolo di infezioni; solo dopo la prima guerra mondiale e la scoperta della pastorizzazione si è avuta una maggiore distribuzione del latte, pur rimanendo comunque un alimento prezioso. I formaggi venivano consumati in piccole porzioni nelle circostanze o in periodo di carestia quando non si aveva a disposizione molti altri cibi; e di fatto questo è il posto che avevano tutti i derivati animali nel contesto di una dieta frugale del contadino povero del meridione.
Oggi in Occidente il latte è un alimento quotidiano, e probabilmente è l’introduzione di più cibi animali a creare problemi non il singolo alimento. In Italia si consumano troppe proteine animali, 1,3-1,5 g per kg di peso corporeo che corrisponde al 50% in più di quanto viene raccomandato dalle linee guida internazionali.
In Finlandia dove bevono grandi quantità di latte vaccino il diabete 1 è 36 volte più comune che in Giappone , sembra che una proteina specifica del latte innescherebbe una reazione autoimmunitaria , che si pensa sia in grado di distruggere le cellule pancreatiche deputate alla produzione di insulina, inoltre bambini svezzati troppo precocemente con latte di mucca hanno una probabilità del 50-60% di ammalarsi di diabete 1.
Non esiste un solo studio che abbia documentato che una dieta ricca di latticini in menopausa sia utile ad aumentare la densità ossea e prevenire le fratture osteoporotiche, al contrario grandi consumatori di latte paradossalmente hanno il più alto numero di fratture al femore e osteoporosi in menopausa.
E’ dal carico di un alimento che nascono i problemi e nel contesto della dieta presa nella sua globalità, non dal singolo alimento preso singolarmente.
Quando, ad esempio, il consumo di latticini eccede quantitativamente la possibilità enzimatica di catabolizzare il galattosio, questo può accumularsi nel sangue e può danneggiare le ovaie femminili, cosa questa messa in correlazione con il cancro all’ovaio.
Bere grandi quantità di latte e formaggi come veniva raccomandato nelle donne in menopausa non ripara dal rischio fratture. E’ stato visto infatti che le proteine animali, più acide di quelle vegetali ,e l’eccesso di calcio, tendono a bloccare la formazione di vit D attiva, quella necessaria per assorbire il calcio dall’intestino, quella attiva per la prevenzione dei tumori, malattie autoimmuni.
Il nostro organismo produce inizialmente una forma inattiva di vitamina D per azione dei raggi solare sul colesterolo della cute, successivamente la forma inattiva deve subire una idrossilazione a livello epatico e una seconda idrossilazione a livello dei reni. Gli alimenti proteici creano nel sangue un ambiente acido che impedisce all’enzima renale di fare la seconda idrossilazione.
Si deduce che per ridurre il rischio di osteoporosi va ridotta l’assunzione con la dieta di sodio e proteine animali, non eccedere nel consumo di latte ma nemmeno demonizzarlo del tutto.
Non sarà dunque necessario diventare tutti vegani o vegetariani, ma sarebbe sufficiente limitare il consumo di proteine animali senza creare sovraccarichi inutili e dannosi.
I cibi animali aumentano IGF1 e riducono 1,25 vitamina D condizione che aumenta il rischio di cancro,
In questo contesto va valutato il rischio dello sviluppo delle malattie tumorali , nel contesto della dieta presa nella sua globalità e non il singolo alimento. Un bicchiere di latte probabilmente non crea danno, ma se associato nella stessa giornata alla carne, affettato, al pezzetto di formaggio e alle uova, eccediamo nelle assunzione di proteine animali. Cibi animali aumentano IGF1 (fattore di crescita insulino-dipendente) che controlla i tempi di crescita delle cellule, quindi può favorire la nascita e crescita di nuove cellule e inibire la rimozione di quelle vecchie, questo in altri termini si traduce nella possibilità di insorgenza del cancro. Tra l’altro quando i livelli di 1,25 vitamina D sono bassi, IGF1 diventa più attiva.
I peptidi oppioidi la caseomorfina, derivante dalla caseina del latte, ma anche la glutomorfina derivata dalla gliadina del grano inibiscono l’assorbimento della cisteina, un amminoacido necessario per produrre glutatione, per cui si hanno scarsi livelli di GSH e quindi scarse capacità antiossidanti, questo alla lunga porta all’infiammazione cronica e malattie varie.
Alcune molecole contenute nel latte in dosi superiori a quelle raccomandate e associati ad altri alimenti della stessa tipologia assunti nell’arco della stessa giornata ed in modo ripetitivo e protratto nel tempo possono essere dannose.
Non va dimenticato inoltre che I formaggi hanno troppi grassi saturi, questo comporta un aumento il colesterolo e accresce il rischio di infarto, oltre a comportare un possibile aumento ponderale che chiaramente è controproducente nella maggior parte delle patologie tipiche occidentali.
“In medium stat virtus” ARISTOTELE