Il termine “ medicina alternativa” è usato per indicare alcune pratiche mediche come l’Omeopatia, la Medicina Tradizionale Cinese, l’Agopuntura, l’Ayurveda, mentre quando parliamo di “medicina convenzionale”  intendiamo la medicina allopatica basata sulla farmacologia classica.

La farmacologia classica si fonda sull’interazione  chimica del farmaco sul recettore, e di fatto, le conoscenze sulla localizzazione dei recettori e sul loro funzionamento sono sempre più minuziose, cosi come la ricerca e la sintesi di principi attivi strutturalmente sempre più particolareggiati in modo da essere adeguatamente assorbiti, veicolati e metabolizzati dal corpo.

La scoperta di processi cellulari e molecolari unitamente alla diagnostica degli ultimi decenni  ha permesso di scoprire i meccanismi intimi nascosti dietro l’insorgenza di una certa malattia  e si cerca  con il farmaco di eliminare un certo agente patogeno, per quel che riguarda le malattie infettive, oppure di frenare o rallentare il decorso di una certa patologia cronica.

In realtà  al di là di un minimocomundenominatore che ci accomuna tutti, ogni persona ha la propria individualità, un patrimonio genetico straordinariamente diverso l’uno  dall’altro, pur se con basi simili.

Esiste una infinita variabilità interindividuale ed anche intraindividuale che non può non essere considerata e alla luce della quale sarebbe auspicabile personalizzare sempre di più le cure, scegliendo i diversi mezzi terapeutici. Credo questo sia un primo anello mancante al metodo ufficiale.

Un altro aspetto fonte di riflessione è la visione dell’uomo: formato non solo dal corpo, ma anche dalla mente, un insieme inscindibile di psiche-soma;  la misteriosa interazione, dunque,  dell’assetto psicologico, neuropsicologico ed emotivo con la sfera chimico-fisica e organica della biologia della vita.

Nel considerare l’uomo nella sua globalità si fonda tutta la medicina alternativa, quindi emozioni e sentimenti vissute in diverso modo da ogni singola persona che possono ripercuotersi sull’aspetto fisico.

In  medicina cinese quando alle emozioni è impedito di esprimersi, l’energia del corpo prende direzioni precise e si riflette sulla salute dell’organo con cui è in relazione. Per cui l’impetuosità  tende a diventare collera e questa colpisce il fegato, da qui il termine di “ bilioso” da bile per indicare l’irascibile.

Le emozioni e sentimenti sono ovviamente parte della vita, non sono di per sé causa di disarmonia, ma creano turbamento mettendo a dura prova il mantenimento di un equilibrio; se sono eccessivi, permangono a lungo o  inconsapevolmente repressi,  gli stati d’animo diventano tossici.

Il pensiero ripetitivo ed ossessivo o la rimuginazione colpisce la milza o il pancreas, la tristezza la milza o il polmone, l’allegria o la gioia quando diventa eccitazione può  dare problemi al cuore.

Le emozioni , dunque, se intense, prolungate nel tempo e non risolte possono diventare causa di malattia.

In questa visione una frustrazione psichica, una rabbia repressa e prolungata, un sentirsi sempre dalla parte dell’incutine, può sfociare in problematica d’organo, per esempio, una tiroidite oppure un cocktail di emozioni negative, lo stress eccessivo, l’ansia portare ad una gastrite o una colite, o cominciare subdolamente a compromettere la funzionalità epatica.

Non sarebbe del tutto fantasiosa questa visione se venisse tenuta adeguatamente in considerazione la PNEI psiconeuroendocrinologiaimmunologia, una scienza che dimostra  l’esistenza di un collegamento diretto tra cervello, psiche, sistema endocrino ed immunologico.

Questo collegamento  è realmente esistente, visto l’ asse ipotalamo-ipofisi-surrene, l’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide, l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi o l’asse ipotalamo-spinale-midollare.

La mente  può influenzare l’attività di altri sistemi, non ultimo quello ormonale e di conseguenza  compromettere le nostre capacità di risposta e di difesa, la nostra vulnerabilità alle patologie. Lo stato psicoemotivo ed affettivo dell’individuo può, dunque, influenzare anche il decorso di un evento patologico.

Fino a quando la medicina allopatica non riconoscerà l’importanza che può avere la mente nel condizionare il nostro stato fisico, che la malattia è segno di uno squilibrio globale del’organismo, che  non si cura un singolo organo ma l’organismo nella sua totalità, arrivando ad una personalizzazione delle cure e non l’applicazione di protocolli comuni, non avrà tutte  le armi necessarie per mantenere l’uomo  in salute.

In questo ottica credo che la medicina sia una sola, e sarebbe auspicabile l’integrazione della medicina allopatica classica con tutti i metodi di cura non tradizionali, nell’unico comune intento di perseguire e mantenere la salute nelle persone.

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