IL GLUTINE è una glicoproteina presente nei cereali, incriminata per essere responsabile di tutta una serie di sintomatologie gastro-intestinali e extra-intestinali.

In individui geneticamente predisposti si scatena una reazione immunitaria verso il glutine che porta all’atrofia dei villi intestinali e malassorbimento, la malattia Celiaca. In queste persone risultano alti i valori di alcuni anticorpi a livello ematico e per loro è necessario fare una dieta che preveda l’eliminazione completa del glutine.

Una dozzina di anni fa, però, è stata identificata un’entità clinica diversa definita “Sensibilità al glutine non celiaca” o SGNC, che include pazienti con disordini gastrointestinali, stipsi o alvo diarroico, gonfiore, dolore addominale, dolore epigastrico, nausea, ma anche sintomi neurologici, mal di testa, ansia, astenia, disturbi dermatologici o forme simil fibromialgiche ma senza positività agli anticorpi ematici. Queste persone vedono comunque ridurre la loro sintomatologia semplicemente escludendo il glutine dalla loro dieta.

In realtà, oggi non sappiamo se il vero responsabile del corredo clinico sintomatologico riferito dai pazienti sia solo il glutine o altri componenti presenti nel frumento, come carboidrati facilmente fermentabili (fruttani) o altre proteine come gli inibitori della amilasi tripsina (ATI) che probabilmente svolgono un ruolo pro-infiammatorio.

Un dato accertato è che l’assunzione del frumento in soggetti predisposti possa essere un trigger generale di infiammazione, per questo ora si parla, in modo più generale, di “Sensibilità al grano non celiaca”.

L’eziopatogenesi della “Sensibilità al grano non celiaca” dipende  dall’attivazione dell’immunità innata e la successiva cascata di meccanismi infiammatori, migrazione dei linfociti dall’intestino,  e coinvolgimento di altri organi e sistemi.

Un paziente con la SGNC ha una disbiosi e un danno della permeabilità intestinale generale a cui segue l’attivazione del sistema immunitario nella lamina propria della mucosa e il rilascio da parte di linfociti, mastociti ed eosinofili di mediatori d’infiammazione che a loro volta attivano il sistema nervoso mienterico e il cervello.

Studi recenti dimostrano che l’intensità del dolore e del gonfiore, lamentato dai pazienti, dipende dalla densità dei mastociti e dalla loro distanza dai nervi del plesso mienterico. (Giancola F, neurogastroenterology and motility 2020).

I pazienti SGNC andrebbero adeguatamente indentificati in quanto possono sviluppare altre problematiche come malassorbimento di ferro e anemia, di calcio e di vitamina D e maggiore tendenza all’osteopenia e osteoporosi, inoltre, nel 25% dei casi si riscontra la tiroidite autoimmuno.

La diagnosi non è facile, in quanto non esiste un biomarcatore, un’analisi ematochimica specifica, per cui viene, generalmente fatta una diagnosi di esclusione con altre condizione simili, prima fra tutte la malattia Celiachia, visto che il trigger è il frumento.

La tendenza ad escludere in maniera autonoma il frumento dalla dieta senza aver ricevuto una diagnosi precisa è comunque un errore.

La dieta priva di frumento, infatti, modifica il microbioma e il sistema immunitario, espone a rischi di deficit nutrizionali e la possibile sostituzione con cibi a più alto indice glicemico espone al rischio di steatosi epatica, insulino-resistenza e aumento ponderale.

La sola dieta, inoltre, non migliora l’ecosistema intestinale, mentre potrebbe essere necessaria un’integrazione di opportuni probiotici

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