Negli ultimi anni per soddisfare le richieste del mercato, per avere giornalmente nei nostri piatti bistecche, arrosticini, salsicce, cotolette, hamburger, ma anche petti di pollo e tacchino, prosciutti e salame per fare i panini o toast, si è dovuto ricorrere agli allevamenti intensivi, vere e proprie minacce per la salute di tutti noi.
Non è un segreto che per scongiurare l’insorgenza di malattie causate dallo stress da sovraffollamento, negli animali ammassati nei capannoni, si deve necessariamente ricorrere alla somministrazione di dosi massicce di farmaci, soprattutto antibiotici dati anche in prevenzione.
Negli allevamenti di maiali, ad esempio, l’aria dei capannoni è caratterizzata da un eccesso di ammoniaca ed altri gas, che irritano le mucose delle vie aeree delle bestie, culminando in forme polmonari e bronchiali più gravi, tanto da comportare la somministrazione continua di farmaci. Le scrofe bloccate in piccole gabbie, partoriranno dei piccoli che poi verranno immediatamente allontanati dalle loro mamme e ai quali, dunque, verranno dati antibiotici in prevenzione per frenare la diarrea, dal momento che il loro microbiota non può maturare senza il latte della loro mamma.
Antibiotici somministrati anche alle mucche per curare le mastiti, visto l’aumento spropositato delle loro mammelle che arrivano a produrre fino a 50 litri di latte al giorno.
Antibotici nelle condotte destinate a portare acqua nei capannoni a polli e tacchini, per far in modo che vivano più a lungo per essere macellati con un peso ragguardevole.
In Europa vengono consumati 5000 tonnellate di antibiotici legali, di cui 1500 per favorire la crescita artificiale di polli, tacchini, vitelli e suini.
Si stima che il 70/80% della produzione mondiale di ANTIBIOTICI finisca negli allevamenti nonostante l’allerta per la resistenza batterica che ogni anno puntualmente ci viene ricordata dall’AIFA.
Avere microbi che resistono ai farmaci vuol dire non avere il sistema per debellare quel microrganismo e dunque non potersi curare; le infezioni batteriche o virali sono puntualmente una grossa minaccia per la salute pubblica.
Dagli allevamenti intensivi, puntualmente, si origina qualche virus o batterio killer; è successo per la SARS, la Aviaria, la Suina o H1N1, lo stesso coronavirus sembra essere partito da un mercato in cui animali di tipo diverso stavano ammassati gli uni agli altri, violando le nicchie ecologiche ed in condizioni igienico-sanitarie praticamente inesistenti.
E’ di qualche mese fa, la decisione di abbattere tutti i visoni degli allevamenti intensivi, in quanto queste povere bestie negli allevamenti, non in natura, potrebbero fare da serbatoio del virus ed essere responsabile del fenomeno dello spillover.
Questo fenomeno consiste nella fuoriuscita di un virus da una specie “serbatoio” dove esso abitualmente circola, verso una nuova specie “ospite” in cui può morire o adattarsi fino ad innescare pandemie.
Avere specie serbatoio di covid19, come potevano essere i poveri visoni, avrebbe potuto mettere in pericolo la riuscita di un vaccino, da qui la decisione di abbatterli tutti .
Il grosso problema sottaciuto però, è che lo stesso rischio si corre con i maiali e potenzialmente con tutti gli allevamenti intensivi, assolutamente innaturali, e a stretto contatto con l’uomo. Nel nostro stesso territorio esistono allevamenti intensivi di visoni a stretto contatto con quello dei maiali.
E’ il momento di prendere coscienza di tutto questo e di indirizzare le nostre scelte, non solo quelle alimentari altrove, senza aspettare che siano i grandi a prendere delle decisioni, dal momento che tutti stiamo facendo tristemente esperienza di cosa significa vivere una pandemia, dal più piccolo al più anziano, privazione della libertà quando va bene e rianimazioni, terapie intensive e morti quando va male.