Negli ultimi anni si è fatta sempre più strada la convinzione che la carne” bianca”, dunque pollame e coniglio, faccia meno male o comunque non sia dannosa come quella “rossa”, bovina, suina o ovina.

La carni bianche hanno un alto contenuto in proteine nobili, sono facilmente digeribili per il minor tessuto connettivo ed un ridotto contenuto di grassi saturi, per cui sono promosse a pieni voti dai nutrizionisti, che le raccomandano a qualunque età , dai bambini, per aiutare la crescita, agli sportivi, fino agli over 65.

Non mancano articoli che considerano la carne bianca un tassello fondamentale della dieta mediterranea.

Questo ha comportato una crescita notevole del consumo di polli e tacchini, tanto da rappresentare  la principale fonte di proteine per il 54% degli italiani.

Nel sito dell’AIRC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro)   è riportato che gli studi sulla possibilità di aumentato rischio di tumore collegato alla assunzione di carni bianche, sono limitati e di scarsa qualità per poter giungere a conclusioni chiare, a differenza di quanto è avvenuto per le carni rosse e lavorate.

Indipendentemente dal legame carne bianca e rischio oncologico, resta valida la raccomandazione degli esperti di ridurre le proteine di origine animale nella dieta e di puntare piuttosto su quelle di origine vegetale

L’aspetto salutistico, ovvero quanto un determinato alimento possa condizionare il nostro stato di salute, credo non possa non considerare come viene ottenuto l’alimento stesso, dunque parlando di carne e quindi di animali, come vengono allevati, cosa mangiano, e in quale ambiente.

Al di là di quei pochi fortunati che possono contare su piccoli allevamenti di proprietà, tutti acquistiamo la carne che troviamo in un bancone del supermercato. Varrebbe la pena allora cominciare a chiedersi da dove proviene  e cosa c’è dietro quel pacchetto confezionato.

Negli ultimi anni per soddisfare le richieste del mercato, per avere  giornalmente nei nostri piatti petto di tacchino o cosce di pollo, adatte a diete ipocaloriche, si è ricorso inevitabilmente agli allevamenti intensivi.

Alcune persone, coscienti del problema, finiscono con il fare scelte drastiche e diventare vegetariane in virtù  di  un aspetto etico non di poco conto, altre ancora ignorano completamente il problema o alzando le spalle, continuano a comprare e a consumare carne in abbondanza.

 Gli allevamenti intensivi vanno contro qualunque logica di buonsenso e questo non può non impattare negativamente sulla nostra stessa salute.

In un capannone vengono ammassati decine di migliaia di povere bestie, vengono messi a beccare di continuo sotto l’effetto di luce artificiale per avere una rapida crescita ponderale, e grazie anche alla selezione genetica, il tasso di crescita di un pollo oggi è 6 volte maggiore a quello di 90 anni fa, raggiungendo un peso di macellazione in 6 settimane contro le 13 degli anni 50.

Vengono selezionate specie appositamente per far crescere solo il petto e soddisfare la continua ricerca del consumatore. Queste povere bestie, se non macellate in tempo, finiscono per cadere e morire,  vittime del loro stesso peso.

Le galline ovaiole in allevamenti intensivi producono 300 uova l’anno, mentre in natura ne produrrebbero un terzo,  e quando la produzione di uova inizia a scemare finiscono precocemente al macello.

Sovraffollamento, cattiva igiene delle lettiere e movimento limitato creano fenomeno di plumofagia,per cui ogni pollo strappa le penne di un altro o di se stesso procurandosi gravi lesioni;  negli allevamenti muoiono decine di galline  e gli animali vivi cannibalizzano i cadaveri.

Non stupisce che si debba far ricorso continuamente ad una serie di farmaci,  soprattutto antibiotici messi direttamente nei condotti destinati a distribuire acqua all’interno dei capannoni, anche  a scopo preventivo, nonostante il parere sfavorevole degli esperti.

Resta il problema dell’aggiunta di antibiotici nei mangimi e della presenza in essi di sostanze tossiche come  pesticidi, erbicidi  e fertilizzanti utilizzati  a loro volta, per la coltivazione massiccia dei vegetali necessari per l’alimentazione degli animali di allevamento.

L’Europa ha vietato nel 1891 l’uso ormoni per promuovere la crescita, in quanto gli ormoni producono alterazioni nei riguardi delle ghiandole endocrine nella fase puberale e possono avere effetti genotossici e cancerogenici. In teoria l’Italia riesce a soddisfare il proprio fabbisogno interno senza ricorrere al mercato estero, eppure non mancano ricercatori  che  sostengono che le carni bianche se consumate con regolarità possono essere responsabili di un menarca anticipato nelle adolescenti.

Andrebbe allora la pena ricordare allora che la composizione della carne dipende da quello che mangia l’animale,  e nonostante ne abbiamo fatto anche triste esperienza qualche anno fa con il pollo alla diossina,  ancora oggi il problema viene ignorato dalla maggioranza.

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